Roma, 31 ottobre 2012. “La nota apparsa sul sito del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in merito alla “autorizzazione per l’esecuzione e certificazione di indagini in situ” non convince.
Anche chi scrive ricorda bene che con il D.L. 22 giugno 2012, n° 83 convertito dalla legge 7 agosto 2012, n.134 è stato modificato l’articolo 59 del D.P.R. 380/2001 il cui testo è così oggi il seguente: “Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può autorizzare, con proprio decreto, ai sensi del presente capo, altri laboratori ad effettuare: a) prove sui materiali da costruzione; b) prove di laboratorio su terre e rocce“.
Il neretto e la sottolineatura, quella che precede e che quelle che seguiranno, ovviamente non sono un refuso, almeno fino a quando i tecnici saranno in grado di associare a ciascun termine (ecco perché l’evidenziazione) il proprio significato oggettivo.
Dice la nota che con la nuova formulazione il legislatore ha inteso chiarire definitivamente i contenuti del citato articolo 59, in relazione all’obbligatorietà dell’autorizzazione ministeriale necessaria ai laboratori per la certificazione del prelievo dei campioni e di alcune prove in situ, eliminando eventuali dubbi interpretativi dei termini geognostica, geotecnica, etc.. Nel prosieguo la nota afferma anche: In tal senso il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 563 del 2 febbraio 2012, ha chiarito che “può ritenersi che le indagini geognostiche sono ” preliminari e preordinate” all’espletamento delle prove geotecniche“. Le Norme tecniche sulle costruzioni, infatti, ai fini di una corretta progettazione ed esecuzione delle opere, prevedono esplicitamente dapprima la Relazione geologica, che deve consentire la modellazione geologica del sito da parte del Geologo, e quindi la Relazione geotecnica, con la quale il Progettista deve fornire il modello geotecnico del terreno. Le stesse Norme tecniche prevedono che le indagini e le prove geotecniche, propedeutiche alla definizione del modello geotecnico, devono essere certificate da uno dei laboratori di cui all’art.59 del DPR n.380/2001.Da quanto sopra, appare evidente che le cosiddette indagini geognostiche, finalizzate ad acquisire tutti i dati eventualmente utili per la redazione della Relazione geologica, sono ad esclusivo appannaggio della figura del geologo, sia come programmazione che come esecuzione. Le indagini di tipo geotecnico – programmate dal progettista sulla base dei dati desunti dalla Relazione geologica – finalizzate alla redazione della Relazione geotecnica e quindi a fornire al progettista stesso tutti i parametri geomeccanici del terreno necessari per la progettazione ed il calcolo delle fondazioni, rientrano invece nell’attività di “laboratorio”, nell’accezione più ampia del termine, che prevede sia le attività di prova da eseguire in situ, che le attività di prova interne del laboratorio da effettuare sui campioni prelevati. Al riguardo il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3283 dell’1 giugno 2012 , ha infatti chiarito che “….sempre avendo riguardo al complesso normativo di disciplina della materia, si desume che le prove geotecniche ricomprendono anche le prove che si svolgono in situ.
Per sgomberare il campo dai dubbi e dalle malevole interpretazioni si può affermare con tutta sicurezza che, pur non volendo mettere in discussione “il sistema della autorizzazioni ministeriali nel suo complesso”, sul quale tuttavia permangono molti dubbi, non possiamo non evidenziare che sia in atto il tentativo di fare di tutta l’erba un fascio, facendo un bel po’ di confusione laddove le prove di laboratorio diventano prove in situ e le indagini geognostiche diventano indagini geotecniche.
La stessa sentenza del Consiglio di Stato che ha fatto tirare, chissà poi perché, un bel sospiro di sollievo a quanti volevano una diversa formulazione dell’art. 59, non è un caso che parli di “prove geotecniche“.
Non esiste un solo volume dedicato alle fondazioni o alla geotecnica, sui quali si basa il nostro sapere, nel quale si confondano le indagini geognostiche, siano esse dirette che indirette, con le prove geotecniche in situ o con le prove geotecniche di laboratorio. Il fatto che all’interno di un foro di sondaggio si facciano prove geotecniche non significa che anche il sondaggio sia una “prova geotecnica in situ”.
E non è vero che il normatore ha inteso tenere tecnicamente distinti i ruoli e le finalità della parte geologica e della parte geotecnica perché, per dirla tutta, non si può, come dice l’adagio, cantarsela e suonarsela allo stesso tempo. E sebbene si colga l’aspetto positivo contenuto nell’affermazione che non si può tuttavia escludere che la programmazione e lo studio della campagna di indagini del sito e del terreno di fondazione possano essere opportunamente condivise fra il progettista dell’opera ed il geologo incaricato non si può fare a meno di affermare che il contributo del geologo nella misura in cui è funzionale alla realizzazione del progetto è di per se stesso atto progettuale a tutti gli effetti. Aggiungiamo anche che queste distinzioni, che francamente non hanno come scopo quello della chiarezza, corrono il rischio di far perdere a tutti l’obiettivo finale che è , ma forse dovremmo dire dovrebbe essere, quello di rispettare il territorio, costruire meglio e in sicurezza, contenere i costi compatibilmente con le difficoltà del sito e la complessità dell’opera.
La nota del CSLLPP perciò non ci convince perché purtroppo tende a consolidare e addirittura a fomentare una confusione nei termini utilizzati che francamente risulta inaccettabile e fuorviante. Anzi è perfino controproducente perché opera una distinzione scientificamente inesatta ed inesistente che produce e produrrà, sempre che questo debba rimanere come indirizzo ultimativo, effetti nefasti sia dal punto di vista della sicurezza che sullo stesso costo delle opere.
Prendiamo però atto, ma con prudente soddisfazione, della sola nota positiva, quella cioè di redigere una ennesima, speriamo ultimativa, circolare in proposito. Ovviamente però la notizia è positiva solo se l’elaborazione di quel documento avverrà dopo un sereno approfondimento tecnico-scientifico dell’intera questione dal quale auspico possano rimaner fuori pre-giudizi e burocrazia; e soprattutto possa avvenire “work in progress” con il contributo paritetico dei principali attori. “
Geol. Vittorio D’Oriano, Vice Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi