11.09.2017 – PROTEZIONE CIVILE, ALLERTA E FASI OPERATIVE: Facciamo un po’ di chiarezza
Nel febbraio del 2016 il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile ha definito un unico linguaggio in tutta Italia per quanto riguarda i livelli di allerta e le fasi operative nelle criticità ed emergenze idro-meteo di protezione civile: per tutto il Paese quindi, da oltre un anno e mezzo, vengono emanate esclusivamente allerte “gialla”, “arancione” o “rossa”, mentre le fasi le fasi operative che i livelli locali di protezione civile dichiarano sono “attenzione”, “preallarme”, “allarme”. Tale omogeneizzazione di metodi e procedure, arrivata nel 2016 dopo 12 anni dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004 che ha definito la nascita dell’attuale sistema di allertamento incardinato nella rete dei Centri Funzionali, ha avuto come obiettivo primario la creazione di una corrispondenza biunivoca tra i livelli di criticità e i livelli di allerta, così da “tradurre” l’informazione tecnico-scientifica in un’informazione più immediata soprattutto per i cittadini.
Ma vediamo cosa significano i colori rappresentati nelle allerte meteo:
– “allerta gialla” riassume uno scenario di evento che prevede allagamenti di sottopassi, rigurgiti fognari, ma anche fenomeni critici, ma localizzati, come frane, piene improvvise e colate rapide;
– “allerta arancione” sta a significare che, in aggiunta, gli eventi previsti potrebbero provocare in maniera diffusa, fenomeni di inondazioni e di frane e colate in contesti geologici critici;,
– “allerta rossa” prevede che inondazioni e frane siano numerose e di maggiore entità ed estensione. Per ciascuno dei tre scenari sussiste il pericolo, da occasionale a grave, per la sicurezza delle persone.
Un’altra grande novità del dispositivo del 2016 è stata la denominazione in modo uniforme anche delle fasi operative che i diversi livelli di protezione civile (regionale, provinciale e comunale) attivano a seguito dell’allerta meteo (attenzione, pre-allarme e allarme).
Infatti, sulla base delle allerte “gialla” o “arancione” o “rossa”, le autorità competenti individueranno, a ciascun livello territoriale, la fase operativa più adeguata per affrontare la situazione, senza però che vi sia un automatismo tra livelli di allerta e fasi operative, poiché la decisione di “mettersi” in attenzione piuttosto che in preallarme è strettamente connessa sia alla capacità di risposta della struttura e alla vulnerabilità del territorio sia alle informazioni provenienti non solo dalle attività previsionali ma anche dalle quelle di monitoraggio e sorveglianza. I vincoli sono solo due: attivare almeno la fase di attenzione per un’allerta gialla e arancione e almeno la fase di preallarme per un’allerta rossa.
Le allerte meteo delineano scenari non facilmente localizzabili e con un margine di incertezza previsionale tale da rendere necessaria la prontezza della risposta operativa che deve, necessariamente, essere specifica per ogni territorio e soprattutto in funzione degli scenari di rischio caratterizzanti una determinata area.
Tali scenari devono essere (per legge) definiti in modo preciso nei piani comunali di emergenza e quindi essere valutati in funzione delle allerte meteo (rossa, arancione, gialla) per attivare immediatamente le fasi operative (attenzione, pre-allarme e allarme). Quindi, per fare un esempio, in una area omogenea con un livello di allerta arancione, due sindaci di due comuni confinanti attiveranno (con i vincoli sopra descritti) la fase operativa più adeguata per affrontare l’emergenza in atto e varieranno tale fase in funzione dell’evoluzione dei fenomeni in atto.
Una allerta arancione quindi può portate alla fase operativa di attenzione ma se la struttura locale di protezione civile, che ha il compito di presidiare il territorio e monitorare l’evoluzione dei fenomeni meteo (previsti nell’allerta), registra delle variazioni peggiorative, attiva la fase di pre-allarme o quella di allarme.
Quindi sta alle autorità locali di protezione civile (i sindaci) non subire le allerte meteo come una imposizione (per ovvie ragioni schematiche) ma di “gestire e governare” i rischi dei propri territori attivando lo strumento maestro della prevenzione che è il Piano di Emergenza Comunale (PEC).
Basta quindi polemiche e rimpalli di responsabilità, le regole sono scritte e sono chiare.
Chi non se la sente di assumersi tali responsabilità, per di più da dipendente pubblico, faccia un passo indietro e si occupi di altro.