Studi sul reef dopo cicloni e inondazioni. Si salverà, per ora. Ma gli eventi estremi diventano sempre più frequenti. E un nuovo Yasi avrebbe esiti drammatici. Invito dal Queensland: “Venite in vacanza, non è lo sfascio”
La barriera corallina australiana ha sicuramente sofferto – molto – per i recenti eventi meteorologici estremi, ma riuscirà a recuperare. Di questo sono convinti gli studiosi che stanno monitorando una delle meraviglie mondiali, per constatare le conseguenze lasciate dal ciclone Yasi, che l’ha colpita direttamente, ma anche dagli allagamenti che hanno colpito il limitrofo Queensland prima dell’ultima tempesta, causando il trasferimento di ingentissime masse d’acqua dolce nello specchio d’acqua marino limitrofo – quello dove la barriera corallina vive – modificandone in modo non irrilevante temperatura e quote saline. Di sicuro, l’osservazione recente dello stato di salute del più grande essere vivente del pianeta ha portato a inattese scoperte sul fronte della climatologia. La barriera, infatti, è un’immensa cartina al tornasole, che registra in modo indelebile gli scenari climatici passati e può aiutare a prevedere quelli futuri.
Verso climi estremi. Gli anelli di crescita dei coralli, infatti, possono essere utilizzati come quelli delle piante o le sedimentazioni della roccia, e la ricostruzione storica fatta nelle scorse settimane ha potuto tracciare l’andamento climatico nell’area – e in prospettiva potrebbe farlo su un’estensione di 3000 chilometri, tanta è la lunghezza del reef – dal 1639 agli ultimi anni (gli scienziati si sono fermati al 1981). “I campioni di corallo raccolti – ha spiegato la climatologa Janice Lough, dell’Australian institute of Marine Scienze, Queensland – “suggeriscono che l’annata più piovosa degli ultimi 400 anni sia stata l’estate (inverno europeo n. d. r.) 1973-74. Almeno fino a quest’ultimo anno, che stiamo ora confrontando con quello di 27 anni or sono”.
Coralli come le Porites Annae possono vivere centinaia di anni e sviluppare colonie alte 8 metri. L’immenso essere simbiotico secerne strati di carbonato di calcio, che possono essere appunto conteggiati come gli anelli di crescita degli alberi. Anelli degradati o contenenti una particolare sostanza, l’acido umico, sono il sintomo di una stagione particolarmente umida. Ma Dall’osservazione di questi dettagli, gli scienziati sono così riusciti a ricostruire uno scenario di grandi mutamenti climatici tuttora in corso, che lascia intravedere un futuro di eventi sempre più estremi. Infatti, da un periodo relativamente secco, tra la metà del Settecento e la metà del secolo seguente, l’area ha visto via via aumentare le precipitazioni. Ma soprattutto, negli ultimi tempi, sono aumentati sia i periodi di grande siccità che quelli di pioggia torrenziale. La sequenza dei picchi estremi è prima calata, per poi risalire brutalmente. Nel Settecento si poteva contare, in media, un anno molto piovoso ogni 12, e se ne registrava uno eccezionalmente secco ogni 9; tra il Settecento e l’Ottocento gli anni siccitosi erano calati ad uno ogni 14, e quelli straordinariamente umidi erano appena uno ogni 25; ma nell’ultimo secolo si è avuto l’incremento, drammatico, delle stagioni cosiddette fuori norma: un anno secco ogni 7,5 e uno ultrapiovoso addirittura ogni 3.
Lo studio, che sta per essere pubblicato sulla rivista Paleoceanography, pur senza trarre conclusioni, rileva con evidenza la tendenza alla crescente piovosità dell’area, e conclude che le aree tropicali sono soggette ad umidità crescente in un pianeta che si riscalda, come sta facendo la terra, quali che ne siano le cause.
La barriera ha resistito. Stavolta. Il ciclone Yasi s’è abbattuto sulla barriera corallina con una violenza quantificabile fino ai 280 km orari della massima velocità raggiunta dal vento. Eppure gli oceanografi considerano più grave lo straordinario flusso di acqua dolce che ha investito la barriera, dalla terraferma, in seguito alle piogge e alle inondazioni che per settimane hanno colpito il Queensland: si pensi che il mare interno formato dagli allagamenti è stato, al picco, grande quanto Francia e Germania insieme. L’acqua dolce, come detto, fa crollare il tasso salino, soprattutto in un fondale basso e con pochi sfoghi in mare aperto come quello dove vive il reef. Inoltre, l’alta concentrazione di nutrienti provenienti dalla terraferma garantisce extra cibo a organismi concorrenti di quelli che popolano la barriera, come alghe. I sedimenti, poi, formano una barriera sulla superficie marina, sottraendo luce ed energia a tutto quello che sta sotto.
Per fortuna, gli scienziati sono ottimisti. La studiosa Alison Jones, che ha esaminato alcuni tratti di barriera nelle Isole Keppel, ha trovato solo danni isolati nelle acque meno profonde, sotto i 2 metri. “I coralli hanno vissuto a corto di luce per settimane, e questo non è bene. Una nuova inondazione potrebbe avere esiti molto seri, ma in profondità sembrano aver reagito molto bene, e questo è un sollievo”.
Altri studiosi, però, si sono mostrati preoccupati soprattutto dall’effetto cumulativo dei diversi eventi estremi che si sono susseguiti a frequenza crescente. Cinque cicloni di classe 4 e 5, le più elevate, si sono abbattuti sulla barriera negli ultimi 6 anni, mentre se n’erano visti appena 2 nei 40 anni precedenti. “E non siamo in grado di comprendere quanto la barriera viene colpita così frequentemente”, ha spiegato Katharina Fabricius, dell’Australian Institute of Marine Science
“Turisti, venite”. Intanto l’Australia invita i propri concittadini a passare le vacanze nel Queensland, sotto forma di dovere civico verso il Paese. “Dimenticare Bali e la Nuova Zelanda. Ogni australiano ha la responsabilità di aiutare i suoi connazionali del Queensland” – ha dichiarato il ceo del Tourism and Transport Forum, John Lee.
Gli eventi degli ultimi mesi hanno portato a cancellazioni di massa, spesso a sproposito. Il danno è confinato a un piccolo numero di città, e i forfait investono località ed aree, come Cairns, Port Douglas e la Daintree Forest, che non sono state toccate dal disastro. Le disdette investono un arco di tempo di un mese, e sono relative a prenotazioni eseguite magari a settembre. Il danno economico, così, diventa ingente. Un’altra volta.
di Arturo Cocchi.
Fonte. www.repubblica.it