“L’ultimo evento del genere lo avevamo visto nel 2004 a Sumatra, ma oggi riviviamo con drammaticità quanto purtroppo accaduto allora quando ci augurammo fosse un evento eccezionale sotto ogni punto di vista. Ma evidentemente ci sbagliavamo”. Sono queste le prime parole del vicepresidente dell’Ordine regionale dei geologi di Sicilia Carlo Cassaniti, per introdurre quanto accaduto 130 km nel Pacifico presso Sendai in Giappone, uno dei sismi più forti registrati nella storia del nostro pianeta: “Una potenza così devastante, quasi 9 gradi Richter, rappresenta un evento che ha pochissimi precedenti ma, contemporaneamente, non deve farci abbassare la guardia in merito a quanto potrebbe accadere nelle nostre zone.
Se fosse accaduto in Sicilia, penso ad esempio all’immenso patrimonio culturale ed ambientale nonché alla presenza delle industrie dislocate lungo la costa sud-orientale, avrebbe riscritto la storia dell’Isola. Da studiosi del nostro territorio –ha continuato Cassaniti-, sappiamo che le aree costiere della Sicilia sud-orientale sono soggette a tsunami in virtù della oramai nota faglia a mare denominata “Scarpata Ibleo Maltese” e sappiamo anche che nel passato, compreso il devastante sisma del 1693, si sono verificati eventi tsunamigenici in tutto il meridione d’Italia”. Il vicepresidente dei geologi di Sicilia cita tre eventi oltre quello che interessò la provincia di Siracusa nel XVII secolo e precisamente: “E’ ancora vivo il ricordo del violento tsunami che congiuntamente al terremoto nel 1908 si abbatté violentemente sulla Calabria e su Messina provocando circa 80.000 morti. Ottomila anni fa un’enorme frana di 35 chilometri cubi si staccò dal fianco orientale dell’Etna e si inabissò nel Mare Ionio, provocando un forte tsunami. I depositi a mare della frana sono stati recentemente identificati nello Ionio fino a 2000 metri di profondità grazie ad una campagna sismica condotta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Anche in Puglia –ha continuato Cassaniti- Il 20 febbraio 1743 un terremoto di magnitudo M=6.9 colpì una regione molto vasta, con effetti di danno massimi nella penisola salentina e nelle isole Ionie al largo della Grecia occidentale. Il terremoto fu chiaramente avvertito anche a Napoli, in Calabria e nello stretto di Messina e generò anche uno tsunami i cui effetti hanno determinato un profondo cambiamento delle coste adriatiche e ioniche della Puglia. Cassaniti conclude sottolineando che “eventi del genere devono necessariamente essere oggetto di previsione anche in Sicilia al punto di valutare il rischio tsunami nelle linee guida della redazione dei piani comunali di Protezione civile” e infine consiglia “una profonda e seria riflessione alla classe politica nazionale sull’inopportunità e soprattutto sull’altissimo rischio nella realizzazione di centrali nucleari nell’isola”.
Siracusa, 12.03.2011
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