ENERGIA – 3 febbraio 2012. Il settore geotermico è in fibrillazione perché teme che la revisione del sistema d’incentivazione possa vanificare i passi in avanti che sono stati fatti dal settore negli ultimi due anni, a seguito dell’ approvazione delle norme di riassetto dell’intero comparto.L’Ugi (Unione geotermica italiana) e il Cosvig (Consorzio per lo sviluppo delle aree geotermiche toscane) sono reduci da un incontro presso il ministero dello Sviluppo economico, occasione in cui sono state espresse le perplessità in merito al Decreto ministeriale (per ora in formato di bozza) che definisce le modalità attuative ed i livelli di incentivazione per le diverse fonti e tecnologie, in base a quanto previsto dal Dlgs n. 28/2011. L’analisi di Ugi, condivisa con le altre realtà del settore, parte da alcuni numeri inequivocabili: in poco più di due anni sono state presentate in Italia più di 110 richieste per nuovi permessi di ricerca di risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica, un vero boom che non ha precedenti nella storia italiana dello sfruttamento della geotermia a fini geotermoelettrici.
Il potenziale produttivo legato a queste iniziative potrebbe andare molto al di la di quanto previsto nel Piano di azione italiano per le fonti rinnovabili (Pan), già nell’arco di 10 anni. Il Pan stabilisce infatti obiettivi al 2020 per lo sviluppo dell’uso della risorsa geotermica nel settore elettrico, pari a un aumento della capacita di circa 170 MW, dal 2010 al 2020, e della produzione annua di circa 1100 GWh. Già oggi, senza le nuove istanze di permesso di ricerca, gli sviluppi in termini di capacita installata vanno oltre quanto previsto dal Pan- informano da Ugi-.
E ancora. Sulla base della superficie totale dei permessi richiesti, che potranno essere autorizzati per una superficie presunta prossima a 10.000 km2, e sulla base delle risorse ipotizzate a scala regionale è possibile stimare che i fluidi geotermici reperibili possano essere sufficienti per l’installazione di alcune centinaia di MW di nuova potenza, incrementando ulteriormente le stime del Pan.
«Con questo eccezionale potenziale di risorse e grande interesse del mercato si può prudenzialmente stimare che nel settore geotermoelettrico potrebbero essere attivati investimenti per circa un miliardo di euro nell’arco del prossimo decennio, però possibile solo in presenza di un quadro chiaro e definito di regole, sia dal punto di vista dei sistemi di incentivazione che dei regimi autorizzativi- hanno dichiarato da Ugi- preme sottolineare che la mancanza di strumenti specifici di sostegno alla riduzione del rischio minerario (che sarebbero indispensabili anche in Italia, ed esistenti invece in realtà come la Germania, la Francia, la Slovenia e molti altri paesi), porta a considerare il livello di incentivazione atteso anche come strumento per coprire il rischio minerario, elemento intrinseco dello sviluppo delle iniziative geotermiche, sostenendo le forme assicurative e l’accesso al credito, che, proprio per il fattore del rischio minerario, risultano particolarmente difficili». Tra le principali criticità della filiera geotermica individuate dagli addetti del settore, la definizione dei regimi di incentivazione, la valutazione e riduzione del rischio minerario, la semplificazione e gestione delle procedure autorizzative e l’accettabilità sociale degli impianti. Per Ugi le bozze in circolazione del Decreto ministeriale prevedono livelli di incentivazione della produzione di energia da fonte geotermica molto inferiori rispetto a quelli attualmente assicurati dai Certificati Verdi e dalla Tariffa Omnicomprensiva, ma anche inadeguati rispetto alla necessita di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio alle tecnologie disponibili in questo settore. Per Ugi le misure minime di intervento, necessarie per un regime di incentivazione adeguato al settore geotermoelettrico dovrebbero essere così articolate: il livello minimo di incentivazione necessario al sostegno del settore non può essere inferiore a quello assicurato dai livelli degli strumenti preesistenti, a cui dovrebbe essere aggiunto un riconoscimento dovuto agli oneri per il rischio minerario e ai benefici per la gestione per la rete elettrica e per l’impatto dell’indotto sull’economia italiana, potendo essere attuato interamente con tecnologie, competenze e sistemi nazionali; gli incrementi di incentivazione per gli impianti con totale re-iniezione del fluido ed emissioni nulle (non riconducibili ad impianti sperimentali ex art. 3 bis del Dlgs n. 22/2010) dovrebbero essere previsti sia per i nuovi impianti che per quelli esistenti; per le specificità legate alle tecnologie oggi disponibili, il valore della potenza di soglia previsto per il regime delle aste al ribasso, dovrebbe essere innalzato a 10 MW; gli incrementi di incentivazione per il primo scaglione di capacita installata su nuove concessioni dovrebbero essere riferiti ai primi 20 MW realizzati; la opportuna introduzione di una tariffa specifica omnicomprensiva per gli impianti sperimentali fino a 5 MW (riconducibili ad impianti sperimentali ex art. 3 bis del Dlgs n. 22/2010) e progetti di piccole dimensioni a media entalpia sino a 2 MW, esonerata dalla decurtazione del 2%, trattandosi di un premio per le tecnologie avanzate.
«Riteniamo che non possa essere vanificata la grande aspettativa di sviluppo nel settore geotermico che si basa sull’enorme disponibilità di risorse che tutto il mondo ci invidia e sulla valorizzazione di una filiera italiana da sempre all’avanguardia» hanno concluso da Ugi.
Fonte: http://www.greenreport.it